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giovedì 12 Settembre 2024

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Una vicenda in cui poteri dello Stato si scontrano. Una storia infinita, quella dell’ex Italsider, poi Ilva, oggi Arcelor Mittal Italia. Infinita anche dal punto di vista giudiziario. Se nel 2002, quando il Tribunale di Taranto decise per la confisca dei parchi minerari dell’allora Ilva della famiglia Riva, la Cassazione non avesse interpretato erroneamente una legge della Regione Puglia sui fumi convogliati, applicandola alle polveri, che emissioni non erano, oggi staremmo parlando di un’altra storia. È uno degli aspetti che emerge nel volume “Il sequestro nella vicenda giudiziaria Ilva Spa”, edito da Stamen, casa editrice di saggistica universitaria. Un libro appena uscito che ricostruisce la vicenda siderurgico, dall’immane complessità giuridica, in 90 pagine tecniche ma fruibili anche per i non addetti ai lavori. Il volume è l’esito di un attento lavoro di ricerca del commercialista e revisore contabile Francesco Falcone. «Nel 2011, anche a seguito delle indagini del Fondo antidiossina e di Peacelink, (che mostrano gli inquinanti, ndr), il pubblico ministero chiede al gip di poter essere autorizzato ad acquisire delle prove – racconta Falcone – facendo due famose perizie, una epidemiologica ed una chimica: lo studio Forastiere, di 282 pagine, che dimostra gli effetti dell’inquinamento dell’Ilva sulla popolazione tarantina e quella chimica, che connette all’Ilva i materiali ritrovati all’interno dell’area di Taranto,  dimostrando scientificamente che solamente da lì potevano venire quei tipi di inquinanti».

Puoi ascoltare l’intera puntata del  9 dicembre di Rosso di Sera, a questo link