Taranto da qualche settimana è sede della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo. Altre sedi operative, Napoli e Venezia. Barbara Davidde è la nuova soprintendente, appena insediata in città. Sub, una grande esperienza in archeologia del mare, la Davidde insegna all’Università Roma Tre e fa parte del consiglio tecnico scientifico dell’Unesco per il patrimonio culturale subacqueo. L’abbiamo intervistata.
Quali sono gli obiettivi di questo inizio mandato?
«In queste prime settimane di lavoro stiamo organizzando l’ufficio anche dal punto di vista amministrativo, proprio perché questa è una nuova realtà che avrà competenze sia nazionali che territoriali, tra Taranto e provincia. Uno dei progetti che sto avviando è quello del censimento del patrimonio culturale subacqueo, rivedendo quello che è stato fatto negli anni e avviando la ricerca dei fondi per un nuovo progetto nazionale. Ci sono poi dei progetti che sono stati già finanziati, perché quando lavoravo all’Istituto centrale per il Restauro io mi occupavo di valorizzazione di archeologia subacquea e quindi porteremo avanti questo progetto già avviato, chiamato Musas, acronimo di Musei di archeologia subacquea, che prevede la realizzazione, per il territorio ionico, su un relitto di san Pietro in Bevagna del III secolo a.C, di un percorso visivo dei sarcofagi attraverso i tablet, la creazione quindi di un parco digitale subacqueo, come abbiamo già realizzato, ad esempio in Puglia, ad Egnazia, nell’area del porto romano».
Quali i tempi?
«Il patrimonio subacqueo è naturalmente collegato al patrimonio culturale a terra, quindi i regolamenti, gli accessi, saranno gli stessi istituiti per musei e parchi archeologici all’aperto. È chiaro che la bella stagione, il mare caldo, favoriscono la fruizione a questi beni per i subacquei ma ci sono anche possibilità di avvicinarsi a questo mondo grazie a nuove tecnologie, con la realtà aumentata ed utilizzo del 3D. Dai propri dispositivi, cellulari o tablet, si può avere accesso a questi beni ed è anche un modo per avvicinare, soprattutto i più giovani, che utilizzano maggiormente questi strumenti, al mondo del mare e dell’archeologia subacquea».