Il quartiere nasce in un’area panoramica con affaccio sul Mar Piccolo, denominata Le Macchie, perché in aperta campagna coperta dalla vegetazione spontanea con una prevalenza del mirto e dell’ogliastro, fra estesi uliveti. La strada per Monteiasi, che diverrà il viale Cannata, era la tipica strada di campagna fiancheggiata da muri a secco. Rade masserie, fra le quali La Vaccarella, punteggiavano il paesaggio. Fu lì individuato il sito dove localizzare le abitazioni per i lavoratori del Centro Siderurgico e già nel 1968 si inauguravano le prime costruzioni a schiera a due livelli con giardini antistanti per 96 alloggi. Fu chiamato Paolo VI in accasione della visita del Papa Montini a Taranto nel 1968. Il quartiere crebbe con la costruzione di ulteriori complessi edilizi di alto livello qualitativo, espressione del razionalismo coniugato al genius loci, su progetto del famoso studio milanese Nizzoli e Associati, del quale faceva parte come fondatore e direttore artistico, Alessandro Mendini. Le case, con struttura in acciaio, erano modellate seguendo l’andamento del terreno, conservando per quanto possibile le piante di ulivo all’intorno e garantendo la vista del mare. Una strada a sei corsie, sorta di autostrada, fu successivamente realizzata separando nettamente la zona nord, già qualificata con gli interventi su mensionati, e quella sud, destinata ad interventi architettonici ed urbanistici di minore qualità. Le cosiddette Case Bianche che accolsero parte degli abitanti della città vecchia, definirono a sud una sorta di ghetto, segnando una divario fra le due zone, fortemente sentito tutt’oggi. La grande strada, di tipo sovietico, determinerà una frattura fisica, psicologica e culturale fra le due aree, mitigata in parte dalle costruzioni sorte più ad Est fra gli anni 70 e 80. Tuttavia agli anni ’80 si deve la realizzazione del Centro Direzionale Mar Piccolo, una vera e propria violenza urbanistica, consistente in una doppia, continua muraglia dettata da obiettivi di bieca speculazione edilizia, che chiuderà per centinaia di metri la vista sul Mar Piccolo. Una vera e propria barriera visiva per l’intervento così ben calibrato e rispettoso del paesaggio dello studio Nizzoli. Nel cuore del quartiere, che nel frattempo vede edificarsi in maniera sparsa ed incongrua altri alti condomini slegati fra loro, inframmezzati a vaste aree vuote e disadorne, si colloca il Parco del Mirto, polmone verde in totale abbandono. A qualificare il quartiere la Cittadella della Carità voluta dal Monsignor Guglielmo Motolese, sorta a partire dal 1988 e il Politecnico, posti sul margine Nord Est. L’edificio della Corte D’Appello, istituita a Taranto nel 1991, inserita sul fronte Sud, con affaccio sul Viale Cannata, offre l’immagine di una architettura composita ed eclettica, la cui recinzione, costituita da una lunga cancellata in ferro modellata a guisa di minacciosi, affilati artigli, aiuta ben poco ad umanizzare un contesto di mediocre qualità progettuale, scenario diffuso di malessere sociale, e non solo nelle Case Bianche. Per queste ultime, il Comune di Taranto ha promosso la realizzazione, sui prospetti ciechi delle palazzine residenziali, di grandi murales a firma di famosi artisti del genere, con l’intento di introdurre il germe della bellezza in luoghi generalmente disadorni e sui quali l’attenzione della collettività è prevalentemente assente.
Uno dei principali punti di debolezza del quartiere è dato dalla distanza dal resto della città. Per dare soluzione al problema, l’amministrazione comunale ha previsto la realizzazione di sistemi di collegamento pubblici veloci, le BRT, che consentiranno di percepire meno netta la marginalità di questa grande periferia che accoglie più di 18000 abitanti.
Ringraziamo per le fotografie concesse
Michele Tursi
Progetto Trust