«L’Ilva gestita dalla famiglia Riva aveva reso Taranto un “girone dantesco” in cui si consumava razzismo ambientale». Sono i nuovi dettagli che emergono dalle 3700 pagine di motivazione depositate dalla Corte d’Assise che ha condannato 26 persone nel maxi processo Ambiente Svenduto. Gli imprenditori lombardi, secondo i giudici, sono diventati i più grandi produttori di acciaio al mondo con modalità gestionali illegali, a discapito del territorio tarantino. Una zona “economicamente arretrata” dove lo Stato aveva realizzato “grandi impianti industriali” senza che “le istituzioni preposte ai controlli” abbiano esercitato “efficacemente le proprio prerogative” e “senza alcuna considerazione” per la popolazione “costretta a vivere in un ambiente gravemente compromesso” ed “esposta a maggiori rischi per la salute”. In altri termini, tra il 1995 e il 2012, l’impianto era un “deposito di esplosivi gestito dai nostri imputati come fochisti”.