Si sono immersi fino a dieci metri di profondità per recuperare un quintale di «reti fantasma» e attrezzi da pesca abbandonati nel Golfo di Taranto.
Si tratta dei sommozzatori del Wwf di Taranto, che con la collaborazione della sezione subacquea Enjoy Your Dive, della Capitaneria di Porto, della Guardia di Finanza, hanno ripulito una parte del fondale del mar Piccolo e del mar Grande.
L’iniziativa che fa parte di «Ghost Gear», un progetto finanziato dalla Fondazione Segré e coordinato da Wwf Italia, ha individuato i tre golfi italiani più colpiti dallo sversamento di materiali inquinanti, tra questi anche Taranto.
«Quatto uscite in mare e otto ore di immersione per recuperare i rifiuti- ha spiegato Luca Pellicoro sommozzatore del Wwf di Taranto- per trovare soprattutto oggetti di scarto di pesca e plastiche che spesso vengono anche portati a riva».
Alcuni di questi materiali si sono sedimentati sul fondale formando piccoli ecosistemi che non si possono più rimuovere, perché diventati ormai parte della flora e della fauna marina.
Altri invece, costituiscono un pericolo per gli animali che rimangono feriti o bloccati sul fondale. Per non alterare l’habitat degli organismi è stata fondamentale la prima fase del progetto: il monitoraggio del mare.
Nell’aprile 2024, infatti, i sommozzatori hanno controllato il fondale e segnalato le zone con maggiore presenza di rifiuti al dipartimento di Biologia Marina dell’Università di Bari, e hanno effettuato delle valutazioni scientifiche.
«Queste analisi preliminari – ha detto Pellicoro- ci hanno guidato nelle immersioni di recupero e ci hanno permesso di non solo di tutelare la biodiversità del mare, ma anche di individuare le zone maggiormente inquinate».
Un’operazione strategica che ha attivato una serie di controlli periodici da parte della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza. L’obiettivo del progetto, infatti, è quello di sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza, in particolare, gli operatori del settore pesca e mitilicoltura.
«Il mare – ha detto Giovanni De Vincentiis, Presidente del WWF Taranto – è il loro strumento di lavoro devono imparare a rispettarlo e tutelarlo per poter continuare a utilizzarlo».
Il materiale recuperato, infine, verrà suddiviso e preparato per l’ultima fase del progetto: il processo di riciclo basato su un modello di economia circolare che sarà avviato attraverso l’azienda tarantina Kyma Ambiente.