Processo “Ambiente svenduto”: la pubblica accusa chiede 28 anni di reclusione per Fabio Riva e 25 per Nicola Riva, tra i vertici del gruppo che ha gestito il complesso siderurgico. Entrambi fanno parte dei 47 imputati, di cui 3 società, alla sbarra nel maxi procedimento per presunto disastro ambientale causato dall’acciaieria tarantina. Sono accusati di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La procura ha chiesto 28 anni per Girolamo Archinà, l’ex responsabile delle relazioni esterne dell’azienda. 17 anni per Bruno Ferrante, ex presidente di Ilva. Richiesti 7 anni per Francesco Perli, ex legale della famiglia Riva e 20 anni ad Adolfo Buffo, tra i dirigenti di spicco dell’acciaieria, 28 anni per Lugi Capogrosso, ex direttore del siderurgico tarantino.
Tra le altre richieste di condanna, il pool di magistrati ha chiesto 5 anni all’ex presidente della regione Puglia Nichi Vendola. Per l’ex governatore, l’accusa di concussione aggravata in concorso. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora
direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (per lui chiesto un anno di reclusione), per far «ammorbidire» la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni inquinanti prodotte dall’Ilva. Tra gli altri politici coinvolti, chiesti 4 anni all’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido e all’ex assessore provinciale Michele Conserva.
Per l’ex consulente della Procura, Lorenzo Liberti, accusato di aver rappresentato il falso nelle consulenze per il Tribunale di Taranto, chiesti 17 anni.
Inoltre il pm Mariano Buccoliero ha chiesto la confisca degli impianti del siderurgico di Taranto, oltre alla confisca per equivalente, per illecito profitto, di 2 miliardi e 100milioni tra Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici (le tre società imputate).