Taranto è inserita in un contesto paesaggistico di straordinaria bellezza, con affaccio su due mari fra i quali è incastonata l’isola del centro storico. Nella sua millenaria storia, alla città è stata però a lungo limitata, se non negata, questa peculiarità, frapponendo dal suo interno alti muri allo sguardo verso un panorama forse unico al mondo. La città fortificata consentiva la visione del mare oltre le cortine difensive solo a pochi fortunati, come il Barone Pantaleo, che dal suo palazzo posto nel punto più alto della città, poteva tenere sotto controllo le navi che trasportavano dal porto sul Mar Grande i prodotti delle sue vaste terre, e dalle stupefacenti terrazze dei livelli più alti degli edifici che ne addensano il nucleo interno. Non a caso la città nuova, edificata a fine 800 oltre il fossato del Castello, futuro Canale Navigabile, sorgerà priva di barriere visive e godrà finalmente della vista aperta sui due mari. La stessa città Vecchia verrà liberata delle quinte murarie verso i mari, sacrificando per questo l’antica cinta difensiva e parte del Castello Aragonese.
Tuttavia Taranto subì anche allora, in termini paesaggistici e storici, un sacrificio non da poco, con la costruzione del Regio Arsenale della Marina Militare, proprio là dove l’aristocrazia locale aveva edificato i propri eleganti villini di villeggiatura, con orti e giardini con affaccio sul primo seno del Mar Piccolo. Quel sito di straordinaria bellezza, lungo la via Santa Lucia, che il raffinato Monsignor Capecelatro aveva scelto per costruire a fine ‘700 il suo “Casino di Delizia”, fu completamente stravolto e recintato da un alto muro, comunemente denominato “Muraglione”. Ma se questo muro, del quale ho tessuto l’elogio per il valore simbolico che ha assunto e assume per la città, per l’inscindibilità da quella “Fabbrica” modello, così simile alla città umbertina che contemporaneamente veniva edificata a fine ‘800, per la straordinaria qualità costruttiva, per il limite oggettivo prodotto alla invadente speculazione edilizia che lo circonda e soffoca, lo stesso non puo’ dirsi per il più recente muro realizzato in zona Chiapparo per recintare la nuova Base Navale sul Mar Grande. Questo muro è costituito da alti pannelli prefabbricati in cemento, sormontato da offendicoli in pali di ferro e filo spinato: una grigia barriera che nega la vista del mare e della fascia intermedia di terreno agricolo che ancora conserva tracce di antichi uliveti. Questa recinzione si pone in forte contrasto con i valori paesaggistici del sito, impedendo di operare una qualsivoglia riqualificazione di un contesto che necessita invece di una particolare cura, in armonia con il processo avviato negli ultimi anni, di valorizzazione della città nella sua interezza. Basti pensare che lungo il tracciato di questa triste muraglia di cemento corre una pista ciclabile che partendo dal Borgo raggiunge la zona di San Vito, dove si prevede la realizzazione del Parco del Mar Grande e dove sono stati avviati lavori di qualificazione della frequentatissima spiaggia di Viale del Tramonto. Com’è noto, nell’ambito del CIS, sono stati stanziati 203 milioni di euro per l’ammodernamento di detta Base Navale, che consentiranno, fra l’altro, il trasferimento delle funzioni della M.M. presso l’ex Stazione Torpediniere sul Mar Piccolo, e la cessione delle relative aree all’Autorità di Sistema Portuale per la realizzazione di importanti infrastrutture di interesse pubblico. Ritengo doveroso che all’interno di tale finanziamento sia contemplata una somma per il rifacimento di questa recinzione, da progettare con criteri di massimo ambientamento e di alta qualità sotto il profilo architettonico, di cura del dettaglio, di scelta dei materiali, con una adeguata permeabilità visiva che coniughi i criteri di sicurezza con gli altrettanto imprescindibili obblighi di rispetto del paesaggio e della qualità dei luoghi di vita di una città che sta imparando a volersi bene e che pretende rispetto. Sono certo che la Marina Militare, che ormai contribuisce da anni alla crescita culturale di Taranto, e che tanto si spende per la valorizzazione del ricco patrimonio storico assegnatole, saprà anche in questo caso, in accordo con l’Amministrazione Comunale e con gli Enti preposti alla tutela dei Beni Culturali e Paesaggistici, cogliere l’occasione per porsi a difesa di questo luogo straordinario.
Altri muri chiudono le visuali panoramiche, alcuni sono vere e proprie barriere verdi, come nella villa Peripato, dove l’affaccio sul Mar Piccolo è chiuso da piante spontanee che hanno inselvatichito la fascia di terreno posta al di là della bella balaustra dei primi del ‘900, o sono costituite dai muri di recinzione dei cantieri navali sul Mar Piccolo, come in via delle Fornaci a Porta Napoli. Via di Mezzo in Città Vecchia ha altri muri, come quelli posti a cavallo delle palazzine popolari realizzate nel Ventennio, distruggendo il Pittaggio Turripenne. Ma non solo.
Augusto Ressa.