Nel 2011 Roberta Chyurlia consegue la qualifica di Arbitro Continentale. Nel 2015 a Bangkok, Thailandia, stabilisce il suo primo record, diventando la prima donna arbitro della FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Karate Arti Marziali) a potersi fregiare della qualifica di Arbitro Mondiale.
Seguono le convocazioni a ben 8 Campionati del Mondo, 7 Campionati Europei sino a giungere alla convocazione ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 che la consacrano prima donna italiana ad Officiare i Giochi Olimpici.
Questa sua brillante carriera la porta ad ottenere un altro primato con l’assegnazione da parte della Federazione Europea di Judo del Premio di Miglior Arbitro Donna d’Europa nel 2017, 2018, 2019 e 2023. Ora è alla sua seconda Olimpiade nominata dalla Commissione Arbitri della Federazione Internazionale di Judo ed inserita tra i migliori 16 arbitri al mondo selezionati ai Giochi di Parigi 2024.
Nel 2003 la svolta: comincia l’avventura arbitrale.
«Avendo deciso di non competere più a livello nazionale – racconta – io ed alcuni amici della mia regione con i quali condividevo la passione per il Judo, quasi per scommessa, decidemmo di iscriverci al corso di formazione per ufficiali gara che il Comitato Regionale aveva organizzato.
A fine anno sostenemmo e superammo l’esame regionale. Non avrei pensato che tutto questo avrebbe davvero cambiato la mia vita.
Difatti, non solo in quell’anno iniziava la mia carriera arbitrale, ma in quello stesso corso incontrai RICCARDO, l’uomo che sarebbe diventato, da lì a poco, mio marito.
Dà lì man mano che mi inoltravo nel percorso, cresceva la mia consapevolezza che tutto questo, iniziato come una avventura, giorno dopo giorno si era trasformata in tutto ciò che più desideravo fare nella vita!
Sebbene la difficoltà del percorso richiedesse tutte le mie energie e la massima professionalità possibile, sapevo di poter contare su quello che ancora oggi considero miglior Mentore che si possa desiderare: mio padre, già da anni arbitro mondiale, che ben presto si trasformò, oltre che da punto di riferimento familiare, nell’esempio professionale da seguire.
Lui non mi ha mai spinto a perseguire la carriera arbitrale anzi, più volte in diversi momenti del mio percorso, ha messo alla prova la mia reale voglia di farlo».