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giovedì 5 Dicembre 2024

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Si è insediato domenica scorsa, mons. Ciro Miniero, che in questi mesi ha avuto modo di conoscere la città, di “ascoltarla” ha spiegato, come vescovo coadiutore di Taranto, fino alla nomina ad arcivescovo, dopo le dimissioni per limiti di età di mons. Filippo Santoro.

Domenica è arrivato dal mare, come secondo la tradizione aveva fatto centinaia e centinaia di anni prima il santo patrono san Cataldo, irlandese naufragato nel capoluogo ionico. Poi dal Castello aragonese, dove la barca ha attraccato, mons. Miniero, in corteo con le famiglie, ha raggiunto la Cattedrale di san Cataldo, infine ha presieduto la celebrazione eucaristica nella Concattedrale Gran Madre di Dio, nella Taranto nuova.

Miniero ha voluto ricordare quanto di buono finora ha scoperto, soprattutto visitando le parrocchie che si trovano in periferia. «Penso agli educatori impegnati nella formazione di bambini e ragazzi, alla devozione popolare e all’impegno delle confraternite, ai volontari di Palazzo Santacroce, rifugio per senza tetto e migranti gestito dalla Caritas diocesana. Taranto è una città molto vivace e complessa, riportiamola sulle prime pagine delle cronache nazionali, per farne conoscere le bellezze».

Il lungo abbraccio tra il pastore e la sua nuova diocesi è stato sancito dalle mani strette lungo tutta la navata centrale: le istituzioni, gli anziani, l’imam e il monaco buddista, le tante suore, i rappresentanti delle varie associazioni, dei movimenti, delle comunità parrocchiali.

Nella sua omelia l’arcivescovo ha ricordato come venivano chiamati i primi seguaci di Gesù: “discepoli di via”. «Essere cristiani non è questione di chiacchiere o di finzione. La via ci permette di non abituarci alle situazioni, alle persone, alle cose. Chi segue Cristo per le vie del mondo è animato da una fede che vive di relazioni. Siamo discepoli autentici di Gesù – ha detto – quando non restiamo chiusi negli spazi rassicuranti delle nostre chiese; seguiamo autenticamente Gesù quando ci liberiamo da un’esistenza ripiegata su noi stessi diventando capaci di vivere con autenticità ogni relazione umana. Questa è la Chiesa che dobbiamo impegnarci a costruire sempre, rendendo più bella la nostra diocesi e le nostre città e paesi».