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sabato 7 Dicembre 2024

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«Io non ho trovato un posto per dormire, da quando sono a Taranto non ho trovato nessun posto dove stare».

Ibrahima, viene da Gambia, ha 26 anni, lavora come bracciante in campagna ed è uno degli invisibili che abitano le rovine del vecchio stabilimento balneare chiamato Lido Taranto. Una piccola porzione di spiaggia, affacciata sulla rada di Mar Grande, che inizia dove finisce la passeggiata Alessandro Leogrande del Lungomare di Taranto.

«Prima vivevo a Milano – racconta – lì sono riuscito ad avere permesso di soggiorno e documenti, ma era costoso. Sono venuto qui per lavorare come bracciante, avevo preso una stanza in centro che costava  42 euro a notte, ci ho vissuto per 2 settimane ma i miei soldi sono finiti».

Da alcune settimana vive accampato in uno dei locali di Lido Taranto e dice di non essere l’unico a viverci. le vecchie cabine, il bar, la biglietteria che un tempo erano luogo di vacanza ora nascondono rifiuti, materassi, scarpe e vestiti. I materassi per terra sono il loro giaciglio. Ibrahima racconta di fare a doccia in mare o nella fontana dei giardini Pandiani, in via Nitti. 

racconto di Valentina Castellaneta immagini Martino Vinci

«In qualche settimana ho visto tanta gente passare da qui. C’è tanta gente che vive lì e lì»

Il migrante indica i frangiflutti a strapiombo sul mare, indica altri alloggi di fortuna come quello in cui vive lui. Un suo compagno di sventura è malato, non riesce ad alzarsi dal letto e ci grida di andare via. Sono soli, eppure poco sopra questi accampamenti di fortuna, la vita scorre ignara.

«Se posso dire il mio punto di vista, la nostra situazione è dovuta anche al fatto che c’è una disconnessione, non riusciamo ad interagire con la gente con cui lavoriamo. Molti di noi sono illegali, non hanno documenti e gli altri li guardano male. Non credo che il Comune possa aiutarci, non lo hanno fatto fino ad ora. Per aiutarci devono sapere che siamo qui ma loro non lo sanno, non sanno che non abbiamo un posto dove vivere. Non ci sono solo io qui, c’è gente che dorme qui». 

In realtà Ibrahima racconta di volersela cavare da solo, non ha provato neanche ad avere una mano dal Sistema d’accoglienza e o dalle associazioni del territorio, non è informato. L’amministrazione comunale, come aveva promesso ad agosto, ha bandito la gara d’appalto per abbattere il vecchio stabilimento balneare, togliere i piloni arrugginiti conficcati nella sabbia, che un tempo erano la passerella.

D’estate qui c’è tanta gente che fa il bagno, nonostante il divieto di balneazione, ma ora  a metà novembre sembra un luogo desolato e le piccole solitudini di questi migranti sembrano ancora più urgenti.